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lunedì 22 agosto 2011

Crowd voice, monitorare le voci di protesta con un sito


Viviamo in tempi agitati: proteste e insurrezioni si diffondono in ogni parte del mondo. Perfino il finora pacifico Occidente è stato scosso dall'ondata di improvvisa violenza scoppiata nei giorni scorsi a Londra. Difficile tenere traccia di tutto quello che accade. Un ottimo punto di riferimento online per trovare informazioni senza doverle cercare col lanternino, è senz'altro Crowd Voice, l'ennesimo progetto di ampio respiro creato dall'instancabile gruppo di volontari di Mid East Youth.com. Capeggiati dalla ventiquattrenne attivista del Bahrain Esra'a Al Shafei, quelli di Mid East Youth nei cinque anni di vita del network (nato nel 2006),hanno dato una salutare scossa alla percezione che la gioventù del Medio Oriente ha di sé stessa e al modo in cui essa viene percepita dai media occidentali, con una serie di iniziative di grande impatto politico e culturale.
Da Ahwaa.org, uno strumento di discussione online di temi di interesse per la comunità LGBT (lesbiche, gay e transessuali) che vive in paesi poco tolleranti e omofobi come sono spesso quelli islamici, a Israelisforpalestine, dedicato a quegli israeliani “moderati” che criticano il trattamento riservato dal loro Stato agli abitanti della striscia di Gaza, a Postcards for Iran il cui obiettivo è stigmatizzare la deriva fondamentalista degli ayatollah inviando migliaia di cartoline elettroniche ai funzionari del governo di Ahmadinejad, tutte le proposte del collettivo di attivisti che ruota attorno alla giovane e pluripremiata Al Shafei, sono andati a toccare temi molto delicati, portando alla luce le sfumature e le contraddizioni solitamente neglette dalla narrazione operata dai media tradizionali. Gli ultimi progetti si chiamano Mid East Tunes, un portale di musica mediorientale che raccoglie un po' tutte le nuove tendenze della regione, dalla house giordana al punk libanese, Assyrian Rights, inaugurato lo scorso 7 agosto, anniversario di un massacro di migliaia di civili siriaci (appartenenti cioè un gruppo etnico la cui storia e le cui avversità ricordano un po' quelle degli armeni, genocidio compreso) da parte dell'esercito iracheno, e appunto, Crowd Voice. Quanto a look grafico, quest'ultimo è si presenta in maniera accattivante: i vari spezzoni di notizie inserite dagli utenti – sotto forma di immagine, video o testuale – sono organizzate a di mosaico e possono essere “taggate” e geolocalizzate. Ogni filone di protesta viene connotato, secondo le convenzioni enciclopediche, come una “voce”. Crowd Voice ha già ricevuto parecchia attenzione ed elogi da parte della stampa specializzata, venendo perfino inserito in un'ipotetica lista di possibili vincitori del premio indetto lo scorso anno da Google per le “innovazioni nel campo del giornalismo”. Il suo principale limite, comune ad altri siti che fanno leva sui contenuti generati dagli utenti, riguarda la certificazione dell'attendibilità delle fonti inserite. Come essere certi che quel video di una manifestazione in Libia riguardi un corteo recente, e non, invece, una protesta di alcuni anni or sono? Quelle persone ferite sono davvero dei miliziani oppure dei semplici civili? Domande a cui non è semplice dare una risposta.
In mancanza di un team di verifica sul campo, quelli di Crowd Voice si affidano al meccanismo dell'approvazione e validazione dei contenuti da parte della community: chiunque può commentare un contenuto e confermarne l'origine. Certo, il sistema non è perfetto, ma al momento è difficile ipotizzare una soluzione differente, e Crowd Voice resta comunque un esempio riuscito e illuminante di utilizzo delle nuove tecnologie per il cambiamento sociale.

Fonte: La Stampa - Autore: Federico Guerrini

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