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domenica 27 gennaio 2013

l 78% dei ladri inglesi usa i social network per decidere quali case svaligiare quali case svaligiare

Da mesi ormai si parla del collegamento tra i social network e i furti in appartamenti: ci piace condividere la nostra posizione geografica su Facebook, Twitter o Foursquare e spesso non consideriamo il fatto che qualcuno sta seguendo i nostri spostamenti per scoprire quando non siamo a casa. Ora un sondaggio condotto in Inghilterra da Credit Sesame ha confermato questa relazione. I 50 ex ladri che hanno partecipato a questa analisi hanno rivelato di aver fatto grande uso dei social network per cercare dei potenziali bersagli (circa il 78%). L’80%, poi, cerca l’indirizzo su Google Street View ad analizza l’esterno delle abitazioni, identificando così vie di accesso e di fuga.
Se a questo si aggiungono alcuni errori che in molti spesso commettono (nascondere le chiavi in un vaso, lasciare oggetti di valore in bella vista, far accumulare la posta di fronte alla porta e lasciare una finestra aperta), il colpo è servito su un piatto d’argento. Da questo sondaggio emergono altri particolari interessanti: l’80 percento degli ex ladri ha rivelato che il primo tentativo di furto va quasi sempre a vuoto e che anche un semplice ed economico sistema d’allarme è un ottimo deterrente per loro. Meglio non rischiare, insomma. Ogni colpo può durare in media dai 2 ai 10 minuti e il bottino si aggira in media intorno ai 555 euro. L’infografica realizzata da Credit Sesame ci rivela dieci piccoli accorgimenti per migliorare la nostra sicurezza:
1. Modificare le impostazioni della privacy di Facebook e simili, permettendo soltanto agli amici di vedere i contenuti pubblicati.
2. Accetta richieste di amicizia soltanto da persone che conosci.
3. Evita di annunciare i tuoi spostamenti, sia di breve che di lunga durata.
4. Non condividere foto che rivelano il tuo indirizzo o punti di interesse vicini alla tua abitazione
5. Evita di condividere immagini degli oggetti di valore che hai a casa
6. Fai sempre in modo che la tua casa sembri essere occupata
7. Chiudi sempre a chiave la porta
8. Non lasciare mai le chiavi nascoste sotto allo zerbino o in posti simili
9. Fai un inventario degli oggetti di valore che possiedi con fotografie, descrizioni e data di acquisto: potrà servirti per chiedere un rimborso alla tua compagnia assicurativa
10. Assicurati che la tua assicurazione riesca a coprire il valore totale di ciò che possiedi.
Fonte: Crimeblog.it - Autore: Daniele Particelli

giovedì 14 luglio 2011

Memolane, come ricostruire tutta la tua vita in Rete


Con questo aggregatore puoi raggruppare ogni post, status, foto o video pubblicati negli ultimi anni in una cronologia dettagliata. Un diario 2.0 interattivo e condivisibile. C’era una volta il diario, quell’insieme di fogli datati e rilegati su cui annotavi a penna i fatti salienti di ogni giornata. Poi arrivarono i blog, quindi i fotolog e i videolog, e il concetto di diario venne stravolto, esteso, aumentato. Infine fu la volta dei social network, e tutto cambiò di nuovo. Grazie al numero sconfinato di modi con cui oggi è possibile annotare la propria vita in Rete, quello che un tempo era il tuo diario personale si è frammentato in un’infinità di immagini, post, status ed elementi condivisi. Dopo mesi di riscaldamento beta, è stato lanciato pubblicamente Memolane, un servizio che promette di ricomporre tutti questi frammenti in quello che rischia di diventare il diario 2.0 definitivo. Memolane ti consente di riallacciarti a un vasto assortimento tra social-network e blog, ripescare tutti i frammenti che hai disseminato con la tua presenza online negli ultimi anni, e raccoglierli in un solo, omnicomprensivo mosaico. Per tracciare la tua cronologia aumentata bastano pochi minuti. Ti registri su Memolane.com, selezioni le piattaforme da cui vuoi attingere i tuoi dati e aspetti che il software li organizzi su una linea temporale liberamente esplorabile. Ogni twit, ogni status update, ogni check-in viene riprodotto sulla cronologia di Memolane sotto forma di Memo, ovvero riquadri cliccabili che ti permettono di rispolverare un vecchio contenuto direttamente dalla timeline (per esempio un video) o risalire al link originale (è anche possibile sfogliare la tua cronologia usando un’apposita search bar). Il risultato è una sorta di fotografia dall’alto di tutte le impronte che hai lasciato impresse nel Web, dalla prima immagine che hai caricato su Flickr nel 2006, all’ultimo check-in che hai fatto su Foursquare. Bastano pochi minuti per l'iscrizione. Memolane ha una linea temporale liberamente esplorabile. Ogni tweet, ogni status update, ogni check-in viene riprodotto sulla cronologia di Memolane sotto forma di Memo. Ha anche una linea temporale condivisa, come ad esempio quella che riguarda una vacanza con gli amici. C’era una volta il diario, quell’insieme di fogli datati e rilegati su cui annotavi a penna i fatti salienti di ogni giornata. Poi arrivarono i blog, quindi i fotolog e i videolog, e il concetto di diario venne stravolto, esteso, aumentato. Infine fu la volta dei social network, e tutto cambiò di nuovo. Grazie al numero sconfinato di modi con cui oggi è possibile annotare la propria vita in Rete, quello che un tempo era il tuo diario personale si è frammentato in un’infinità di immagini, post, status ed elementi condivisi. Dopo mesi di riscaldamento beta, è stato lanciato pubblicamente Memolane, un servizio che promette di ricomporre tutti questi frammenti in quello che rischia di diventare il diario 2.0 definitivo. Memolane ti consente di riallacciarti a un vasto assortimento tra social-network e blog, ripescare tutti i frammenti che hai disseminato con la tua presenza online negli ultimi anni, e raccoglierli in un solo, omnicomprensivo mosaico. Per tracciare la tua cronologia aumentata bastano pochi minuti. Ti registri su Memolane.com, selezioni le piattaforme da cui vuoi attingere i tuoi dati e aspetti che il software li organizzi su una linea temporale liberamente esplorabile. Ogni twit, ogni status update, ogni check-in viene riprodotto sulla cronologia di Memolane sotto forma di Memo, ovvero riquadri cliccabili che ti permettono di rispolverare un vecchio contenuto direttamente dalla timeline (per esempio un video) o risalire al link originale (è anche possibile sfogliare la tua cronologia usando un’apposita search bar). Il risultato è una sorta di fotografia dall’alto di tutte le impronte che hai lasciato impresse nel Web, dalla prima immagine che hai caricato su Flickr nel 2006, all’ultimo check-in che hai fatto su Foursquare. Per ora i siti integrati non sono molti: Twitter, Facebook, Flickr, YouTube, FourSquare, Last.fm, Instagram, MySpace e pochi altri. Ma sono comunque sufficienti ad allestire un’ossatura dettagliata della tua vita nel Web 2.0. È anche possibile integrare il tuo blog, o altri siti ancora non direttamente connessi, come per esempio Anobii, utilizzando feed di Rss e Atom. Una certa attenzione è stata dedicata all’aspetto privacy. Ogni volta che ti trovi a scegliere di attingere a una nuova sorgente di Memo, puoi decidere se i relativi dati potranno essere visibili solo a te, ai tuoi amici su Memolane o pubblicamente a chiunque. In questo modo potrai far sì che, per esempio, le tue foto Flickr siano alla mercè di tutti, mentre quelle di Instagram solo ai tuoi amici.In più, Memolane è a sua volta un social network. Puoi entrare in contatto con gli amici, spulciare la loro cronologia (solo quella che hanno deciso di farti vedere, ovviamente), e soprattutto, condividere con loro alcuni Memo. Attraverso la funzionalità Stories, è infatti possibile decidere di far confluire una serie di Memo in una linea temporale condivisa, che può essere quella di una vacanza con gli amici, o quella in cui tu e la tua ciurma annotate scrupolosamente le peggiori sbronze che prendete ogni sacrosanto weekend. Naturalmente, esistono altri strumenti per tenere traccia della tua vita condivisa. Gowalla ti permette di annotare e condividere i tuoi spostamenti sul globo terracqueo (ma non si spinge oltre l’aspetto geografico); con Dipity è possibile ottenere dettagliatissime linee temporali interattive in cui stipare più o meno tutto (ma è molto meno user-friendly e alcune funzionalità sono a pagamento); iStreamer è pensato e sviluppato per funzionare solo su iPad e Evernote si limita a permetterti di salvare ogni possibile dato saliente online. Insomma, a livello di concetto e al netto dei bug e dei difetti ancora da risolvere (molti Rss Feed non vengono riconosciuti, e in alcuni casi il flusso di Memo da Facebook fatica ad arrivare), Memolane sembra essere l’unico strumento che ti consente di condividere, sfogliare e personalizzare i tuoi ricordi web, con un approccio e un’ interfaccia così elementari. E poi, volendo, può anche essere inteso come una sorta di strumento di autoanalisi. Per radiografare la parte connessa della tua vita quotidiana, e volendo, per capire quanto social (e quanto geek) sei. Può essere istruttivo, ad esempio, sapere che due sabati fa hai fatto check-in in quattro locali, scattato e postato 10 foto con Instagram, taggato dieci amici su Facebook, ascoltato 13 nuove canzoni su Last.fm, twittato un numero spropositato di pseudo-aforismi inutili. E che poi, a serata conclusa, sei tornato a casa e versare lacrime sul tuo blog, lamentandoti che sono sei mesi che non incontri una ragazza interessante.
Fonte: Wired - Autore: Fabio Deotto

mercoledì 29 giugno 2011

Facebook e vacanze, come ingannare i ladri "social"

Una società britannica propone, a pagamento, un servizio di aggiornamento dello status, per non far capire ai ladri che si ci si trova lontani da casa
Durante le vacanze, assieme a cuochi, camerieri e portieri d’albergo c’è un’altra categoria che lavora mentre gli altri si divertono. Anche se definire il loro un “lavoro” forse non è troppo corretto: parliamo dei ladri, che approfittano dell’assenza dei proprietari, beatamente stesi a rosolare sulla sabbia, per svaligiare ville e villette. Da qualche tempo, per scegliere i messaggi da colpire, i malviventi tengono d’occhio anche le bacheche dei social network delle vittime, in cui spesso in maniera un po’ troppo disinvolta si comunica la propria collocazione attuale e i progetti di spostamenti futuri. Dopo le segnalazioni di vari casi in cui le rapine erano state preparate tramite Facebook (qualcuno, come l’agenzia di sicurezza Precreative Solutions di Chelmsford, Regno Unito, ha deciso di sfruttare le nuove paure dei villeggianti per proporre un servizio di inserimento di post su commissione. Funziona così: il cliente concorda con Precreative una serie di messaggi, che verranno postati a intervalli regolari sui social network e daranno, almeno così assicura la ditta, l’impressione che ci si trovi ancora a casa, impegnatissimi. Lo staff si occuperà anche di filtrare eventuali contenuti impropri, leggi immagini rivelatorie: “inserire una fotografia di sé sulla spiaggia da far vedere a 3-400 amici – ha spiegato il direttore della società, Gary Jackson, al Telegraph – è come lasciare un cartello sulla porta di casa per avvisare i ladri che non c’è nessuno”. Spendere una piccola somma adesso metterebbe al sicuro non solo dai ladri, ma anche da fastidi provenienti da altri fronti; addirittura, assicura Jackson, le compagnie di assicurazione, starebbero pensando di alzare i premi per chi utilizza i social network. La notizia lanciata dal Telegraph è stata ripresa da numerose testate on e off line, e i commenti oscillano fra il curioso e lo scettico. Perché, si chiedono in molti, pagare un servizio esterno, quando esistono numerose applicazioni gratuite, come Hootsuite che consentono di programmare tweet e post di Facebook in modo che appaiano sulle bacheche alla scadenza desiderata? E che dire delle impostazioni sulla privacy di Facebook regolando le quali è possibile, almeno sulla carta, mettersi al riparo da sgradite sorprese? È vero però che la superficialità di molti utenti supera spesso qualsiasi previsione e davanti ad essa non c’è software o impostazione che tenga. Un anno e mezzo fa, tre programmatori olandesi, misero a punto il sito Please Rob Me che elencava “tutte la case vuote là fuori”, usando come banca dati i check-in effettuati dagli utenti su network come Foursquare, Gowalla, Bright Kite e altri dedicati nello specifico alla condivisione di informazioni di geolocalizzazione. Pur trattandosi di un semplice e provocatorio esperimento, mise in luce un problema reale: si condivide troppo e con troppe persone. La privacy per molti internauti, forse la maggior parte, è solo una parola. Da allora le cose non sono molto cambiate.

Fonte: La Stampa - Autore: Federico Guerrini

venerdì 1 aprile 2011

Immagine e reputazione digitale al tempo dei social


Luoghi e strumenti che ormai sono parte della nostra vita: Andrea Fiore ci porta a 360 gradi dentro il mondo delle nuove tecnologie informative. Perchè oggi chiunque ne deve fare parte Se vi state chiedendo perché un ingegnere informatico tenga una rubrica tra blog di giuristi e operatori del settore legale non siete soli. Quando mi è stato chiesto da uno degli ispiratori di questa avventura di farne parte anche io ho avuto un momento di incertezza. Ma poi ho pensato che la mia passione per la tecnologia potesse sfociare in un’utile rubrica per tutti coloro che guardano alla tecnologia e al digitale con circospezione o diffidenza che con curiosità e diletto. Il filo conduttore di questa rubrica sarà la scoperta – e riscoperta – dei luoghi digitali, degli strumenti informatici e tecnologici che sempre più fanno parte della vita quotidiana. Non voglio far proseliti, né creare dei tecno-entusiasti – quale io sono; bensì guardare agli strumenti e ai siti più comuni con un occhio nuovo: per sfruttare le peculiarità di ciascuno strumento, per rendere più semplice il proprio lavoro, per trovare e farsi trovare. L’idea insomma è quella discutere di tecnologia digitale, di comprenderla per non subirla. Parleremo di Facebook (FB) e di come non sia solo un passatempo per giovani e perditempo, bensì una piazza virtuale comodamente raggiungibile dal divano di casa in cui interagiscono, socializzano, giocano, condividono e discutono persone di tutte le età tra cui clienti e potenziali clienti. Dodici anni fa si parlava, ancora al futuro, di Studio Legale Online e ancora oggi si discute di regolamentare l’utilizzo di Internet nelle professioni, ma 25 milioni di italiani navigano ogni giorno, in molti comprano biglietti e vacanze sul web, tutte le mattine controllano la posta elettronica non solo per lavoro, ma per accaparrarsi il ‘deal’ del giorno che poi condividono orgogliosi sulle proprie bacheche. Si è sviluppata una vera e propria economia digitale, dove aziende e utenti comunicano tramite la propria immagine. Il passaparola diventa digitale: altri utenti giudicano on line noi, il nostro lavoro e le nostre aziende. Ed ecco allora che si aggiornano i propri profili su Linkedin, BranchOut e Xing, si crea l‘m-site (la versione mobile del sito web), ci si rivolge agli sviluppatori di ‘App’ per poter raggiungere con i propri servizi gli smartuser di ‘smartphone’. Ma non solo, le nostre firme si arricchiscono di ‘address’ e ‘nickname’; di follow me on twitter e di like su FB; facciamo il check-in per l’aereo con il cellulare e il check-out su Foursquare; cinguettiamo, (in)seguiamo e siamo (in)seguiti su Twitter. Se è vero che come dice Wired (ed in America è già così) the Web is Dead, non significa che l’on line sia morto ma che si sta evolvendo in social, mobile, app, video, connected tv e social tv. Quello che prima ero uno strumento tra adepti universitari, è poi diventato lo strumento primo della consultazione e dell’informazione a portata di mouse, dell’anti-censura e di comunicazione, di socializzazione e intrattenimento. E succede così che il fine diventa più importante del mezzo e si abbandonano i vecchi strumenti per dei nuovi i pc per i notebook, i notebook per i netbook, i netbook per i tablet, i cellulari per gli smartphone, la tv per le connected tv, apple tv e google tv di turno. E, quindi, i siti per le app che consentono una consultazione più agevole e integrata, con avvisi e notifiche di quale amico si è taggato e dove si trova. In tutto questo i nostri browser si riempiono di ‘cookie’; i sistemi di analytics ci ‘clusterizzano’ e trasformano le nostre attività in ‘revenue’. E i famosi dati sensibili? La privacy, l’integrità del dato? La portata di tale economia, sia essa legata ad e-commerce, advertising, e-goverment, o entertainment, il fatto che questo scambio, processamento e conservazione di dati avvenga oggi tramite le tecnologie informatiche, che sorgano sempre nuove questioni giuridiche legate all’informatizzazione impone la massima attenzione dal parte del giurista. Ma ciò non deve spaventare. Chiunque può (e deve) imparare ad utilizzare internet per svago e per lavoro, per essere e far parte di questo immenso mondo digitale sempre più reale.

lunedì 13 settembre 2010

Dove sei? Fenomeno geolocal Guadagni, opportunità e paure


Sempre più spesso siti e applicazioni chiedono di conoscere la posizione dell'utente. Un modo per migliorare i servizi, e anche un mercato che fa gola alle aziende. Cresce l'allarme privacy. E il colosso Facebook sta per scendere in campo

VOGLIONO sapere dove sei. In cambio forniscono informazioni utili, sconti sugli acquisti, scudetti da esibire con gli amici, possibilità di nuove conoscenze, offerte pubblicitarie. Dopo l'esplosione del fenomeno Facebook e quella, assai più contenuta, di Twitter, il futuro è nelle mani delle applicazioni e dei social network georeferenziati: siti e programmi che rilevano la posizione dell'utente e la utilizzano all'interno di una serie di servizi. Ecco la tecnologia che entra di nuovo dentro i nostri comportamenti quotidiani: può sembrare una funzionalità inutile: ma se io sto all'estero e devo trovare al volo un supermercato o un cinema, la localizzazione mi aiuta.Certo, i numeri reali di questo ecosistema sono ancora marginali: ma ormai le maggiori applicazioni per i portatili ti fanno subito una domanda: vuoi dirci dove ti trovi? E presto nel settore irromperà un gigante da 500 milioni di iscritti: Facebook.

FB e gli altri. Il social network più usato al mondo ha lanciato da quasi un mese un servizio chiamato "places" che permette di taggarsi o taggare gli amici in un luogo. Quando ci si trova in una caffetteria è possibile ad esempio, tramite il gps del cellulare, comunicare agli amici la propria posizione. Places è attivo negli Stati Uniti solo in versione mobile, ma lo sbarco in Italia è ormai una questione tempo, come dimostra la pagina di presentazione del servizio che è stata già tradotta nella nostra lingua. L'arrivo nel mondo dei servizi georeferenziati da parte di Facebook è stato anticipato da tutta una serie di esperienze e giovani startup che hanno di fatto creato questo mercato e l'interesse sul settore. Loopt, Brightkite, Gowalla sono nomi poco noti al grande pubblico ma rappresentano servizi in grado di riunire comunità dai numeri interessanti. Tra queste piccole società ce n'è una, FourSquare, che è riuscita a ritagliarsi un suo spazio indipendente ed è da molti considerata la prossima "big thing" del settore internet.

Il fenomeno FourSquare. Con i suoi oltre 3 milioni di iscritti in rapida crescita, FourSquare sta facendo proseliti nella comunità di appassionati negli States. La sua particolarità è la fusione di elementi ludici con la tradizionale localizzazione del gps: chi fa più check-in in un posto ne diventa il sindaco, mentre in particolari condizioni è possibile ricevere degli scudetti (badge) da sfoggiare nel proprio profilo. L'espediente del gioco ha permesso a FourSquare di distinguersi da buona parte dei suoi concorrenti e in questo modo di popolare la sua piattaforma. Secondo il fondatore del servizio, circa il 20% del traffico globale di FourSquare viene generato dall'Europa: il numero di utenti italiani può essere così stimato intorno ai 35-50 mila. "FourSquare sta crescendo in modo importante, ma sarebbe un errore credere che sia confinato a un pubblico di appassionati o "geek" - spiega Tommaso Sorchiotti, analista e social media actvist, tra gli organizzatori del primo raduno italiano di utilizzatori di FourSquare - L'interesse verso questi strumenti sta crescendo anche da parte delle attività commerciali che trovano nuovi modi per fidelizzare il proprio pubblico". Feltrinelli Milano, Coin, palestre Virgin Active sono alcune delle attività italiane che già stanno investendo in FourSquare e premiano chi fa "check-in" con carte sconto o sessioni gratuite.

L'economia georeferenziata. L'interesse delle attività commerciali verso questo settore viene confermato da Christian Grassi, fondatore di MobNotes, un social network georeferenziato italiano che permette di condividere la propria posizione, le foto, le attività e una "mappa sociale" con gli amici. "Le potenzialità del mezzo sono molte - spiega Grassi - Noi in questo momento ci stiamo focalizzando nella promozione di eventi: quando fa check-in, l'utente viene avvisato degli eventi dei partner commerciali disponibili nella sua zona, ma lo stesso può valere per stanze di alberghi o biglietti del cinema e di concerti". Le declinazioni commerciali dei sistemi georeferenziati hanno portato l'intero mondo dei venture capital americani a spendere oltre 115 milioni di dollari in un anno finanziando società del settore, mentre il valore di FourSquare si è impennato tanto che i fondatori hanno rifiutato di vendere la società per 100 milioni di dollari. Secondo Sorchiotti negli uffici newyorkesi di FourSquare i circa 30 dipendenti sono sommersi dalle richieste di partnership commerciali, tanto che tutta la procedura sta andando molto a rilento. Non c'è quindi da stupirsi se anche Facebook ha voluto fare il suo ingresso nel campo di gioco. I (piccoli) numeri. Nonostante i grandi interessi commerciali in ballo e i forti investimenti, i numeri di utenti reali di questi sistemi stentano però a decollare. MobNotes conta su 60mila utenti in Italia (100mila in totale) e FourSquare ancora meno. Anche Google con il suo Latitude non è riuscito a conquistare un pubblico particolarmente vasto considerate le potenzialità. Se il caso italiano va sempre preso con le molle, la situazione negli States non è poi tanto diversa considerate le proporzioni. Secondo uno studio di Forrester Research, solo il 4% degli americani ha usato un servizio di questo tipo e solo uno ogni 100 lo utilizza con cadenza almeno settimanale. Anche il tipo di utente per adesso interessato è il prototipo dell'appassionato "geek": nell'80% dei casi maschio e quasi sempre tra i 19 e 35 anni. I 3 milioni di utenti di FourSquare appaiono poi come ben poca cosa rispetto ai 500 milioni di Facebook o ai 150 milioni di Twitter. Prima di parlare di prossima "big thing" bisognerebbe quindi fare attenzione.

La privacy e gli altri problemi. A fermare il decollo di questi sistemi georeferenziati concorrono una serie di cause, prima fra tutte il problema della privacy. Davvero un utente medio sente il bisogno di condividere la propria posizione reale? E che tipo di pericoli si corrono o che uso verrà fatto di queste informazioni? Un giornalista del Guardian ha voluto fare un esperimento e si è trasformato in uno stalker di FourSquare, iniziando a studiare gli spostamenti e le abitudini di una ragazza sconosciuta, attraverso i check-in da questa pubblicati sul sistema. In poche sessioni di studio il giornalista è riuscito a ricostruire vita e miracoli di questa persona, anticipandone persino i movimenti. Una volta accettata l'amicizia di qualcuno su FourSquare si condividono infatti tutte queste informazioni: il problema è che il concetto di "amicizia" reso popolare da Facebook può essere adottato con leggerezza sui sistemi che tengono memoria della propria posizione e diventare così un'arma contro di noi. Un altro esempio è stato l'esperimento del sito "PleaseRobMe", che basandosi sulle informazioni fornite su Twitter dagli utenti, indicava a teorici topi di appartamento in che orari svaligiare le case dei disattenti utilizzatori del sistema di microblogging.Christian Grassi di MobNotes spiega che il problema della privacy sul suo sito è sempre stato trattato con molta attenzione, permettendo agli utenti di "lucchettare" i propri aggiornamenti, condividerli con una cerchia ristretta e verificata di persone o di cancellare gli status e dei sistemi simili sono implementati anche su FourSquare e soci. Gli esempi dei sistemi dedicati sono però rilevanti solo fino a un certo punto: si tratta infatti di siti pensati proprio per condividere la posizione e chi si iscrive ne ha comunque la consapevolezza. In questi social network c'è inoltre l'abitudine ad avere una cerchia di amici assai più ristretta, anche perché vengono incentivate la vicinanza con le persone (che importa avere un amico di Milano se si abita a Palermo?). Il vero problema si verifica quando un sistema pensato per altri scopi allarga il suo campo anche alla georeferenziazione. Così come quando la posta di Gmail ha introdotto Buzz (un meccanismo di condivisione) sono scattati i problemi di privacy, qualcosa di simile potrebbe accadere con i Places di Facebook. Le centinaia di amici che si hanno sul sito, e che veri amici non sono, finirebbero per venire a conoscenza di un'altra fetta della nostra vita. In realtà qualcosa di problematico è già accaduto: a poche ore di distanza dal lancio del nuovo servizio degli States, la Aclu, un'associazione californiana, ha protestato contro le insufficienti tutele alla privacy fornite dai Places. L'abilitazione ai Luoghi di Facebook avviene infatti una volta per tutte e, se si è deciso di accettare, si può essere taggati in qualsiasi luogo (almeno finché non si disattiva l'opzione). Questo costituisce una differenza non da poco rispetto ai sistemi attualmente presenti in FourSquare e soci in cui il "check in" è stabilito dagli utenti ogni volta e non può portare con sé altre persone (niente tag). "La diffusione dei sistemi di georefenziazione riproporrà quanto si è già visto con il primo successo di Facebook - spiega Sorchiotti - Gli utenti impreparati o con un concetto debole di privacy condivideranno una serie di informazioni che solo successivamente capiranno essere sensibili". Un esempio potrebbe essere lo studente che si tagga in un bar quando dovrebbe essere a scuola o un impiegato che si è dato malato e fa check-in dalla spiaggia.