«Il diritto all’oblio è una realtà perché non si può perseguitare una persona rimproverandole sistematicamente un fatto dopo venti o trent’anni che ha espiato le sue colpe. Non so cosa, ma qualcosa bisogna escogitare».
Così Enzo Iacopino presidente nazionale dell’ordine dei giornalisti intervenuto questa mattina su Radio19, la radio del SecoloXIX, che ha affrontato il tema della memoria digitale, ovvero di come le informazioni sulle persone vengano conservate sulla rete e riproposte dai motori di ricerca e di come questo possa danneggiare la reputazione. «Il problema è più tecnico che deontologico - spiega Iacopino - quando una notizia viene inserita nella rete, quella notizia è vera e attuale. Quindi ci sono tutti i requisiti che ne legittimano la diffusione. Il problema è il mezzo anche se bisogna stare attenti a non criminalizzare internet: è uno strumento formidabile che presenta dei problemi che dovremmo cercare di affrontare. Occorre trovare rimedi». Iacopino ha chiuso poi l’intervento con una considerazione sulle testate on line e sui blog che fanno informazione: «Bisognerebbe individuare in maniera chiara la responsabilità ma non per fare persecuzioni o crociate ma per avere un interlucotore fisico. Avere la possibilità di raggiungere qualcuno in buona fede per dire “guarda che le cose non stanno così”, anche questo è un contributo reale all’informazione». Nel dibattito è intervenuto l’avvocato Guido Galliano che ha ricordato come «il diritto all’oblio in realtà non è scandito in nessuna specifica normativa. Esistono delle proposte di legge tra cui una, del 2009 che introdurrebbe una sorta di “prescrizione delle notizie” . Oggi come oggi è una legittima aspettativa dell’individuo». L’avvocato Massimo Melica ha ricordato che «la memoria la scrivono sempre più gli altri. Dobbiamo abituarci che su internet l’identità digitale viene scritta sia da noi stessi sia dagli altri che pubblicano foto e commenti sul nostro agire sociale. Questo deve sensibilizzare tutti, soprattutto i giovani, che devono fare della rete un uso consapevole e responsabile». E se gli strumenti giuridici a disposizione puniscono i responsabili di eventuali abusi, per cancellare informazioni sgradevoli su internet occorre la mano dell’esperto. “Reputation Manager” fa questo: «Ci occupiamo di analisi e intervento - spiega Andrea Barchiesi, managing director - Investighiamo nella rete e interveniamo per eliminare i contenuti, dove ci sono i termini, oppure ne riduciamo la visiblità sui network e i motori di ricerca. A noi si rivolgono persone che pensano alla lesività dei contenuti ma anche alla loro identità digitale: basti pensare che ormai colleghi, giornalisti, fornitori, datori di lavoro, partners la la prima cosa che fanno è cercare online informazioni su una persona. Non essere in rete è altrettanto grave che esserci male».
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