Alla fine l’hanno spuntata le autorità britanniche e Facebook è stato costretto ad adottare il “Panic Button“, ovvero un pulsante tramite cui i più giovani potranno segnalare immediatamente a chi di dovere la presenza di un messaggio, una richiesta di amicizia e quant’altro proveniente da sconosciuti o in qualche modo da fonti ritenute poco sicure.
Un vero e proprio pulsante da attivare in caso di panico, di smarrimento davanti a qualcosa di cui i più giovani hanno difficoltà a districarsi. Mai nome fu più appropriato potremmo dire.
Il “Panic Button”, se attivato, non fa altro che inviare la segnalazione al Child Exploitation and Online Protection Centre (CEOP), un ente governativo che si incaricherà di fornire adeguati consigli e opportuna assistenza ai giovani internauti. La novità, seppur a prima vista possa sembrare molto positiva, è stata però osteggiata fin dall’inizio dai responsabili del social network e non sono pochi quanti, soprattutto sul Web, si dichiarano scettici circa la sua effettiva utilità pratica. Facebook avrebbe infatti voluto che questo tipo di controllo sulle attività degli utenti e sui pericoli che li riguardano fossero rimasti nelle proprie mani, senza delegare a terzi, in questo caso il CEOP con la propria applicazione, quel ruolo di vigilanza sulla propria rete che effettivamente sembrerebbe spettare principalmente a chi quella rete l’ha creata e la gestisce.
Allo stesso modo, per altri osservatori il “Panic Button” rischia non solo di essere inefficace, ma di avere addirittura degli effetti deleteri sulla stessa attività del CEOP, che potrebbe vedere intasata la propria capacità operativa da migliaia di inutili segnalazioni, con il conseguente pericolo di veder ridotta la propria capacità di azione nei casi che necessitano di intervento. Queste ovviamente rimangono solamente alcune delle critiche arrivate in queste ore. Di certo, è difficile dire se e quanto possano essere fondate le valutazioni di chi ritiene inutile il “Panic Button”, senza contare che un vero e attendibile bilancio lo si potrà fare solo dopo il suo utilizzo continuato da parte degli utenti: solo allora si vedrà se le autorità britanniche hanno scelto per il meglio o se, invece, aveva ragione Facebook e quanti ritengono questo pulsante una forma di tutela praticamente senza validi presupposti pratici.
Un vero e proprio pulsante da attivare in caso di panico, di smarrimento davanti a qualcosa di cui i più giovani hanno difficoltà a districarsi. Mai nome fu più appropriato potremmo dire.
Il “Panic Button”, se attivato, non fa altro che inviare la segnalazione al Child Exploitation and Online Protection Centre (CEOP), un ente governativo che si incaricherà di fornire adeguati consigli e opportuna assistenza ai giovani internauti. La novità, seppur a prima vista possa sembrare molto positiva, è stata però osteggiata fin dall’inizio dai responsabili del social network e non sono pochi quanti, soprattutto sul Web, si dichiarano scettici circa la sua effettiva utilità pratica. Facebook avrebbe infatti voluto che questo tipo di controllo sulle attività degli utenti e sui pericoli che li riguardano fossero rimasti nelle proprie mani, senza delegare a terzi, in questo caso il CEOP con la propria applicazione, quel ruolo di vigilanza sulla propria rete che effettivamente sembrerebbe spettare principalmente a chi quella rete l’ha creata e la gestisce.
Allo stesso modo, per altri osservatori il “Panic Button” rischia non solo di essere inefficace, ma di avere addirittura degli effetti deleteri sulla stessa attività del CEOP, che potrebbe vedere intasata la propria capacità operativa da migliaia di inutili segnalazioni, con il conseguente pericolo di veder ridotta la propria capacità di azione nei casi che necessitano di intervento. Queste ovviamente rimangono solamente alcune delle critiche arrivate in queste ore. Di certo, è difficile dire se e quanto possano essere fondate le valutazioni di chi ritiene inutile il “Panic Button”, senza contare che un vero e attendibile bilancio lo si potrà fare solo dopo il suo utilizzo continuato da parte degli utenti: solo allora si vedrà se le autorità britanniche hanno scelto per il meglio o se, invece, aveva ragione Facebook e quanti ritengono questo pulsante una forma di tutela praticamente senza validi presupposti pratici.
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