Dal bullismo al cyberbullismo. Fenomeni a confronto. Il termine
bullismo deriva dalla traslitterazione della parola inglese bullying (to
bull) che significa “usare prepotenza, maltrattare, intimidire,
intimorire”. Esistono diverse definizioni dello stesso fenomeno, che
danno rilievo ad aspetti diversi del fenomeno stesso. Il bullismo viene
spesso definito come una forma di oppressione fisica o psicologica messa
in atto da una o più persone nei confronti di un altro individuo
percepito come più debole. Facendo riferimento alla definizione di
bullismo data da Olweus, uno studente è oggetto di bullismo e, quindi,
viene vittimizzato, quando è esposto ad azioni offensive da uno o più
compagni perpetrate ripetutamente nel corso del tempo. Sul sito dello
”Olweus Bullying Prevention Program” viene sottolineato come il bullismo
sia caratterizzato da un comportamento aggressivo ed intenzionale che
coinvolge uno squilibrio di forze (asimmetria) e, nella maggior parte
delle volte, viene ripetuto nel tempo. È un fenomeno relazionale e
dinamico, multifattoriale e multidimensionale. Esso, quindi, coinvolge
non solo il “bullo” e la vittima, ma anche gli altri spettatori. Appare
importante sottolineare come esso sia influenzato da modelli culturali e
sociali, dai vissuti dei soggetti coinvolti, dagli stili educativi e i
modelli familiari, dalle dinamiche di gruppo e dalle caratteristiche
personali dei ragazzi. Le ricerche il più volte compiute hanno cercato
di identificare le possibili cause del bullismo tra variabili quali il
back-ground socio-economico o quello educativo senza raggiungere
risultati significativi. Diverso, invece, quanto realizzato dalle
ricerche, che hanno investigato la relazione tra bullismo e atmosfera
familiare, tra bullismo e stili educativi o tra bullismo e regole del
gruppo dei pari. In linea più generale, si distingue il bullismo fisico
da quello psicologico, osservando che entrambe le forme possono essere
distinte in dirette o indirette. Il bullismo fisico diretto si
identifica in azioni quali: prendere a calci, spintonare, sputare
addosso alla vittima; mentre il bullismo fisico indiretto si realizza
nel momento in cui il bullo fa in modo che la vittima venga attaccata
fisicamente da terzi. D’altro canto, il bullismo psicologico diretto è
caratterizzato da abusi verbali, minacce o gesti osceni, mentre, il
bullismo psicologico indiretto si esplica nella diffusione di
pettegolezzi o attraverso l’intenzionale esclusione di un individuo dal
gruppo. Al contrario di quanto presente nello scenario mentale
collettivo, il fenomeno del bullismo non si manifesta solo nelle zone
emarginate o in ambienti degradati, ma ovunque predomini la tendenza a
competere ed i tentativi di prendere le distanze dagli adulti vengano
messi in atto attraverso comportamenti aggressivi e violenti. Va, in
ogni caso, sottolineato come in una situazione di normale conflitto tra
coetanei, nessuno degli elementi sopracitati sia presente. Il conflitto,
se orientato e affrontato in maniera adeguata, rappresenta un fattore
dalle caratteristiche potenzialmente costruttive. Per tale motivo non
tutte le manifestazioni di aggressività sono quindi sinonimo di
bullismo. In questo fenomeno non rientrano, infatti, tutte quelle
condotte che, sebbene aggressive, possano essere ricondotte a
comportamenti “quasi aggressivi” o ad altre forme di disagio. I comportamenti “quasi aggressivi” comprendono tutti quegli atti di
tipo scherzoso o goliardico come la lotta o la presa in giro, nei quali
vi sono: una posizione simmetrica tra gli attori, l’assenza di
intenzionalità di prevaricare l’altro e l’estemporaneità della condotta
messa in atto. Le forme di disagio sono, invece, tutte quelle
manifestazioni psicologiche di tipo comportamentale, relazionale ed
affettivo che risultano inadeguate o disfunzionali rispetto al contesto
in cui hanno luogo. In tale sede appare doveroso sottolineare la distinzione tra bullismo
e i più comuni comportamenti tipici di bambini e ragazzi: lo scherzo ed
il litigio. Lo scherzo è un evento divertente, che non ha l’intenzione
di ferire, e ammette reciprocità. Il litigio è un dissidio occasionale
che può nascere da un’incomprensione, una differenza, una competizione,
ma non è sistematicamente ripetuto nel tempo. Due individui possono,
quindi, litigare anche molto aspramente per poi chiarirsi oppure
constatare l’esistenza di divergenze. Va, comunque, evidenziato che un
qualsiasi comportamento configura un reato quando va ad infrangere una
norma giuridica. Questo può accadere, perciò, con atti di bullismo, ma
anche con azioni all’interno di semplici litigi. Nella categoria dei
reati troviamo atti quali minacce, molestie, furto e istigazione a
delinquere, rissa, lesioni, tentato omicidio, stalking e diffamazione a
mezzo informatico.
Particolare attenzione va posta ad una peculiare tipologia di
bullismo: il cyberbullismo (“bullismo elettronico” o “bullismo in
internet”). Questo è una forma di disagio relazionale, di prevaricazione
e di sopruso perpetrata tramite i nuovi mezzi di comunicazione quali la
posta elettronica, la messaggistica istantanea, i blog, gli SMS, i
telefoni cellulari o l’uso di siti web. Non comporta quindi violenza
corporale o altre forme di coercizione fisica. Nelle comunità virtuali
il cyberbullismo può essere anche un fenomeno di gruppo. Solitamente il
disturbatore agisce nell’anonimato, altre volte invece non si preoccupa
di nascondere la propria identità.
Il termine inglese “Cyberbullying”, quindi, indica tutte quelle forme
di bullismo e aggressione realizzate attraverso l’utilizzo delle nuove
tecnologie di comunicazione, principalmente telefoni cellulare ed
internet. Le nuove tecnologie rappresentano un modo nuovo di instaurare
rapporti, ma anche di proteggersi da questi. Ciò accade per la paura
della delusione, andando a preferire le più controllabili e meno
impegnative relazioni on-line in sostituzione alle vere amicizie.
L’invio di SMS o e-mail dal contenuto aggressivo, il diffondere foto e/o
video con contenuti che la vittima reputi imbarazzanti ed il rendere
pubbliche informazioni private sono le più comuni forme del fenomeno in
oggetto.Trattandosi di un fenomeno relativamente recente e strettamente
legato all’evoluzione ed alla diffusione delle nuove tecnologie dei
mezzi di comunicazione, è tutt’ora aperto il dibattito tra gli studiosi
se il bullismo elettronico debba essere considerato una forma nuova di
un vecchio fenomeno o se vada invece considerato quale fenomeno a sé
stante, perché qualitativamente diverso. Sicuramente possiamo
riscontrare tra i due fenomeni molte analogie, soprattutto con le forme
di bullismo indiretto. Al contrario, invece, alcune caratteristiche del
bullismo elettronico, legate anche agli strumenti utilizzati, sembrano
estendere e diversificare la sfera di azione del bullismo, contribuendo a
modificarne alcuni aspetti. Rispetto al bullismo tradizionale, l’uso
dei mezzi elettronici conferisce al cyberbullismo alcune caratteristiche
specifiche, che ne determinano gli effetti più insidiosi. Le
conseguenze dannose di una cybervittimizzazione possono essere le più
diversificate: dalla paura di avere contatti diretti con il mondo, fino a
perdere completamente il contatto con la realtà. Le vittime
maggiormente a rischio sono proprio i più giovani, poiché il loro stile
di vita e le relazioni intrattenute sono fortemente condizionate dalle
nuove tecnologie, in quanto strumenti sempre più integrati per il
normale svolgimento della quotidianità, in particolar modo per gli
individui nati nell’era di internet e dei “tablet”. D’altro canto, la
sempre maggior diffusione di rapporti personali mediati – dai cellulari
ai social network – ha influenzato l’integrità degli individui
potenziali vittime di bullismo, aumentandone la vulnerabilità. I social
media, ma anche i più banali strumenti di istant messaging a partire
dagli SMS, costituiscono per gli adolescenti un facile rimedio alle
difficoltà strutturali insite nel rapportarsi al prossimo ed
all’ambiente in un contesto reale. Ne deriva che gli individui parte
delle generazioni figlie di questa socializzazione mediata hanno, dal
lato delle vittime, strumenti di difesa ed auto protezione meno efficaci
e, dalla parte del bullo, un autentico kit di mezzi con cui colpire le
proprie vittime. E’ inoltre importante valutare se effettivamente il perpetratore si
renda conto di quello che sta facendo e della conseguente gravità legata
alle sue azioni. Un aspetto che differenzia il cyberbullismo dal
bullismo tradizionale risiede, infatti, proprio nell’assenza di un
feedback espressivo, che invece è presente nel bullismo tradizionale in
una interazione “faccia a faccia”. Perciò, l’assenza di segnali visivi,
combinata alla comunicazione scritta, possono alterare e rendere meno
consapevole ciò che si fa ed è anche per questo motivo che la natura
indiretta del cyberbullismo rende difficile poter valutare
l’intenzionalità o la volontà reattiva dell’attacco.
Il cyberbullismo già insorto e maggiormente conosciuto nei paesi del
Nord America, si sta diffondendo e affacciando con prepotenza anche nel
panorama europeo. Quella attuale è, a tutti gli effetti, la prima
generazione di adolescenti cresciuta in una società in cui l’essere
connessi rappresenta un dato di fatto, un’esperienza connaturata nella
quotidianità. Gli adulti chiedono una guida e degli strumenti per
comprendere meglio le nuove minacce e poter proteggere i figli.
Pertanto, la soluzione migliore di questo problema sembra essere la
corretta informazione. Bisogna focalizzare l’attenzione sulla necessità
di percorsi per maturare la cosiddetta competenza mediale alla cui base
vi è la competenza comunicativa. È necessario uno sforzo condiviso tra
istituzioni, aziende, mondo dell’educazione e media per semplificare la
comunicazione e diffondere un’etica del web, fatta di valori, diritti e
libertà. In un’età delicata come quella tra la pubertà e le prime
incursioni nel mondo degli adulti, i ragazzi e le ragazze sono
particolarmente sensibili alle spinte dall’esterno, tra cui la
centralità dell’immagine fisica proposta dai media e la propensione dei
genitori a spingerli precocemente verso l’identità di genere (che viene
raccolta e rilanciata con grande entusiasmo dalle aziende della moda e
dell’intrattenimento). I ragazzi della Net Generation, pur avendo un
vantaggio generazionale rispetto ai “nativi analogici”, non sono a
riparo da minacce molto concrete e per niente virtuali. Essi riconoscono
lucidamente alla tecnologia il ruolo di arma e di amplificatore di
comportamenti minacciosi o aggressivi e, pur dimostrando di sapere come
essa dispiega la propria forza, in quali direzioni e con quali effetti,
sono altrettanto espliciti nel richiedere al mondo adulto di accettare
il proprio ruolo naturale, di supporto, di difesa, e di prevenzione,
chiedendo aiuto affinché le agenzie educative (tradizionali come
famiglia e scuola e nuove, come i social network) si mettano in gioco e
accettino di essere educate a loro volta.
Nessun commento:
Posta un commento