Pagine

Visualizzazioni totali

Google Scholar

sabato 23 aprile 2016

Le competenze digitali: un arma contro il cyberbullismo

cyberbull  Dal bullismo al cyberbullismo. Fenomeni a confronto. Il termine bullismo deriva dalla traslitterazione della parola inglese bullying (to bull) che significa “usare prepotenza, maltrattare, intimidire, intimorire”. Esistono diverse definizioni dello stesso fenomeno, che danno rilievo ad aspetti diversi del fenomeno stesso. Il bullismo viene spesso definito come una forma di oppressione fisica o psicologica messa in atto da una o più persone nei confronti di un altro individuo percepito come più debole. Facendo riferimento alla definizione di bullismo data da Olweus, uno studente è oggetto di bullismo e, quindi, viene vittimizzato, quando è esposto ad azioni offensive da uno o più compagni perpetrate ripetutamente nel corso del tempo. Sul sito dello ”Olweus Bullying Prevention Program” viene sottolineato come il bullismo sia caratterizzato da un comportamento aggressivo ed intenzionale che coinvolge uno squilibrio di forze (asimmetria) e, nella maggior parte delle volte, viene ripetuto nel tempo. È un fenomeno relazionale e dinamico, multifattoriale e multidimensionale. Esso, quindi, coinvolge non solo il “bullo” e la vittima, ma anche gli altri spettatori. Appare importante sottolineare come esso sia influenzato da modelli culturali e sociali, dai vissuti dei soggetti coinvolti, dagli stili educativi e i modelli familiari, dalle dinamiche di gruppo e dalle caratteristiche personali dei ragazzi. Le ricerche il più volte compiute hanno cercato di identificare le possibili cause del bullismo tra variabili quali il back-ground socio-economico o quello educativo senza raggiungere risultati significativi. Diverso, invece, quanto realizzato dalle ricerche, che hanno investigato la relazione tra bullismo e atmosfera familiare, tra bullismo e stili educativi o tra bullismo e regole del gruppo dei pari. In linea più generale, si distingue il bullismo fisico da quello psicologico, osservando che entrambe le forme possono essere distinte in dirette o indirette. Il bullismo fisico diretto si identifica in azioni quali: prendere a calci, spintonare, sputare addosso alla vittima; mentre il bullismo fisico indiretto si realizza nel momento in cui il bullo fa in modo che la vittima venga attaccata fisicamente da terzi. D’altro canto, il bullismo psicologico diretto è caratterizzato da abusi verbali, minacce o gesti osceni, mentre, il bullismo psicologico indiretto si esplica nella diffusione di pettegolezzi o attraverso l’intenzionale esclusione di un individuo dal gruppo. Al contrario di quanto presente nello scenario mentale collettivo, il fenomeno del bullismo non si manifesta solo nelle zone emarginate o in ambienti degradati, ma ovunque predomini la tendenza a competere ed i tentativi di prendere le distanze dagli adulti vengano messi in atto attraverso comportamenti aggressivi e violenti. Va, in ogni caso, sottolineato come in una situazione di normale conflitto tra coetanei, nessuno degli elementi sopracitati sia presente. Il conflitto, se orientato e affrontato in maniera adeguata, rappresenta un fattore dalle caratteristiche potenzialmente costruttive. Per tale motivo non tutte le manifestazioni di aggressività sono quindi sinonimo di bullismo. In questo fenomeno non rientrano, infatti, tutte quelle condotte che, sebbene aggressive, possano essere ricondotte a comportamenti “quasi aggressivi” o ad altre forme di disagio. I comportamenti “quasi aggressivi” comprendono tutti quegli atti di tipo scherzoso o goliardico come la lotta o la presa in giro, nei quali vi sono: una posizione simmetrica tra gli attori, l’assenza di intenzionalità di prevaricare l’altro e l’estemporaneità della condotta messa in atto. Le forme di disagio sono, invece, tutte quelle manifestazioni psicologiche di tipo comportamentale, relazionale ed affettivo che risultano inadeguate o disfunzionali rispetto al contesto in cui hanno luogo. In tale sede appare doveroso sottolineare la distinzione tra bullismo e i più comuni comportamenti tipici di bambini e ragazzi: lo scherzo ed il litigio. Lo scherzo è un evento divertente, che non ha l’intenzione di ferire, e ammette reciprocità. Il litigio è un dissidio occasionale che può nascere da un’incomprensione, una differenza, una competizione, ma non è sistematicamente ripetuto nel tempo. Due individui possono, quindi, litigare anche molto aspramente per poi chiarirsi oppure constatare l’esistenza di divergenze. Va, comunque, evidenziato che un qualsiasi comportamento configura un reato quando va ad infrangere una norma giuridica. Questo può accadere, perciò, con atti di bullismo, ma anche con azioni all’interno di semplici litigi. Nella categoria dei reati troviamo atti quali minacce, molestie, furto e istigazione a delinquere, rissa, lesioni, tentato omicidio, stalking e diffamazione a mezzo informatico.
Particolare attenzione va posta ad una peculiare tipologia di bullismo: il cyberbullismo (“bullismo elettronico” o “bullismo in internet”). Questo è una forma di disagio relazionale, di prevaricazione e di sopruso perpetrata tramite i nuovi mezzi di comunicazione quali la posta elettronica, la messaggistica istantanea, i blog, gli SMS, i telefoni cellulari o l’uso di siti web. Non comporta quindi violenza corporale o altre forme di coercizione fisica. Nelle comunità virtuali il cyberbullismo può essere anche un fenomeno di gruppo. Solitamente il disturbatore agisce nell’anonimato, altre volte invece non si preoccupa di nascondere la propria identità.
Il termine inglese “Cyberbullying”, quindi, indica tutte quelle forme di bullismo e aggressione realizzate attraverso l’utilizzo delle nuove tecnologie di comunicazione, principalmente telefoni cellulare ed internet. Le nuove tecnologie rappresentano un modo nuovo di instaurare rapporti, ma anche di proteggersi da questi. Ciò accade per la paura della delusione, andando a preferire le più controllabili e meno impegnative relazioni on-line in sostituzione alle vere amicizie. L’invio di SMS o e-mail dal contenuto aggressivo, il diffondere foto e/o video con contenuti che la vittima reputi imbarazzanti ed il rendere pubbliche informazioni private sono le più comuni forme del fenomeno in oggetto.Trattandosi di un fenomeno relativamente recente e strettamente legato all’evoluzione ed alla diffusione delle nuove tecnologie dei mezzi di comunicazione, è tutt’ora aperto il dibattito tra gli studiosi se il bullismo elettronico debba essere considerato una forma nuova di un vecchio fenomeno o se vada invece considerato quale fenomeno a sé stante, perché qualitativamente diverso. Sicuramente possiamo riscontrare tra i due fenomeni molte analogie, soprattutto con le forme di bullismo indiretto. Al contrario, invece, alcune caratteristiche del bullismo elettronico, legate anche agli strumenti utilizzati, sembrano estendere e diversificare la sfera di azione del bullismo, contribuendo a modificarne alcuni aspetti. Rispetto al bullismo tradizionale, l’uso dei mezzi elettronici conferisce al cyberbullismo alcune caratteristiche specifiche, che ne determinano gli effetti più insidiosi. Le conseguenze dannose di una cybervittimizzazione possono essere le più diversificate: dalla paura di avere contatti diretti con il mondo, fino a perdere completamente il contatto con la realtà. Le vittime maggiormente a rischio sono proprio i più giovani, poiché il loro stile di vita e le relazioni intrattenute sono fortemente condizionate dalle nuove tecnologie, in quanto strumenti sempre più integrati per il normale svolgimento della quotidianità, in particolar modo per gli individui nati nell’era di internet e dei “tablet”. D’altro canto, la sempre maggior diffusione di rapporti personali mediati – dai cellulari ai social network – ha influenzato l’integrità degli individui potenziali vittime di bullismo, aumentandone la vulnerabilità. I social media, ma anche i più banali strumenti di istant messaging a partire dagli SMS, costituiscono per gli adolescenti un facile rimedio alle difficoltà strutturali insite nel rapportarsi al prossimo ed all’ambiente in un contesto reale. Ne deriva che gli individui parte delle generazioni figlie di questa socializzazione mediata hanno, dal lato delle vittime, strumenti di difesa ed auto protezione meno efficaci e, dalla parte del bullo, un autentico kit di mezzi con cui colpire le proprie vittime. E’ inoltre importante valutare se effettivamente il perpetratore si renda conto di quello che sta facendo e della conseguente gravità legata alle sue azioni. Un aspetto che differenzia il cyberbullismo dal bullismo tradizionale risiede, infatti, proprio nell’assenza di un feedback espressivo, che invece è presente nel bullismo tradizionale in una interazione “faccia a faccia”. Perciò, l’assenza di segnali visivi, combinata alla comunicazione scritta, possono alterare e rendere meno consapevole ciò che si fa ed è anche per questo motivo che la natura indiretta del cyberbullismo rende difficile poter valutare l’intenzionalità o la volontà reattiva dell’attacco.
Il cyberbullismo già insorto e maggiormente conosciuto nei paesi del Nord America, si sta diffondendo e affacciando con prepotenza anche nel panorama europeo. Quella attuale è, a tutti gli effetti, la prima generazione di adolescenti cresciuta in una società in cui l’essere connessi rappresenta un dato di fatto, un’esperienza connaturata nella quotidianità. Gli adulti chiedono una guida e degli strumenti per comprendere meglio le nuove minacce e poter proteggere i figli. Pertanto, la soluzione migliore di questo problema sembra essere la corretta informazione. Bisogna focalizzare l’attenzione sulla necessità di percorsi per maturare la cosiddetta competenza mediale alla cui base vi è la competenza comunicativa. È necessario uno sforzo condiviso tra istituzioni, aziende, mondo dell’educazione e media per semplificare la comunicazione e diffondere un’etica del web, fatta di valori, diritti e libertà. In un’età delicata come quella tra la pubertà e le prime incursioni nel mondo degli adulti, i ragazzi e le ragazze sono particolarmente sensibili alle spinte dall’esterno, tra cui la centralità dell’immagine fisica proposta dai media e la propensione dei genitori a spingerli precocemente verso l’identità di genere (che viene raccolta e rilanciata con grande entusiasmo dalle aziende della moda e dell’intrattenimento). I ragazzi della Net Generation, pur avendo un vantaggio generazionale rispetto ai “nativi analogici”, non sono a riparo da minacce molto concrete e per niente virtuali. Essi riconoscono lucidamente alla tecnologia il ruolo di arma e di amplificatore di comportamenti minacciosi o aggressivi e, pur dimostrando di sapere come essa dispiega la propria forza, in quali direzioni e con quali effetti, sono altrettanto espliciti nel richiedere al mondo adulto di accettare il proprio ruolo naturale, di supporto, di difesa, e di prevenzione, chiedendo aiuto affinché le agenzie educative (tradizionali come famiglia e scuola e nuove, come i social network) si mettano in gioco e accettino di essere educate a loro volta.

Nessun commento:

Posta un commento