Il caso emblematico di Jessi Slaughter, undicenne americana che ha bruciato le tappe su YouTube, imparando a sue spese il bello e il meno bello della rete
Jessi si è trovata a 11 anni a diventare nei giorni scorsi una delle voci più ricercate su Internet tanto da entrare nella Google Trend. Come? Basta avere un bagaglio di improperi fantasiosi e caustici da scagliare in rete su YouTube contro persone famose e commentare comportamenti sessuali e ogni altra cosa vi venga in mente attraverso videoriprese dalla propria cameretta. È così che Kerligirl13, ribattezzata ironicamente Jessi Slaughter per la sua capacità di fare a pezzi con le parole, si è guadagnata la ribalta di internet. Inutile la cerchiate, il suo account è stato chiuso velocemente. L’ascesa della sua notorietà è concisa con un suo tracollo emotivo e (forse) la presa di coscienza da parte dei genitori che occorre essere consapevoli del modo in cui i propri figli abitano la rete. Ma la morale di questa storia non deve essere tutta concentrata nell’additare oltraggiosi comportamenti adolescenziali online generalizzandoli, né deve concentrarsi solo sulle carenze del sistema educativo della famiglia, o cose del genere. Mutatis mutandis non ci troviamo di fronte a niente di nuovo in termini comportamentali rispetto a quanto spesso sentiamo raccontare e vediamo accadere nella realtà fuori dalla rete. Questa storia può aiutarci però a capire la natura specifica del modo in cui alcuni adolescenti, in quanto “adolescenti” e approcciandosi ai linguaggi digitali, abitano la Rete e i rischi connessi.
Jessi si è trovata a 11 anni a diventare nei giorni scorsi una delle voci più ricercate su Internet tanto da entrare nella Google Trend. Come? Basta avere un bagaglio di improperi fantasiosi e caustici da scagliare in rete su YouTube contro persone famose e commentare comportamenti sessuali e ogni altra cosa vi venga in mente attraverso videoriprese dalla propria cameretta. È così che Kerligirl13, ribattezzata ironicamente Jessi Slaughter per la sua capacità di fare a pezzi con le parole, si è guadagnata la ribalta di internet. Inutile la cerchiate, il suo account è stato chiuso velocemente. L’ascesa della sua notorietà è concisa con un suo tracollo emotivo e (forse) la presa di coscienza da parte dei genitori che occorre essere consapevoli del modo in cui i propri figli abitano la rete. Ma la morale di questa storia non deve essere tutta concentrata nell’additare oltraggiosi comportamenti adolescenziali online generalizzandoli, né deve concentrarsi solo sulle carenze del sistema educativo della famiglia, o cose del genere. Mutatis mutandis non ci troviamo di fronte a niente di nuovo in termini comportamentali rispetto a quanto spesso sentiamo raccontare e vediamo accadere nella realtà fuori dalla rete. Questa storia può aiutarci però a capire la natura specifica del modo in cui alcuni adolescenti, in quanto “adolescenti” e approcciandosi ai linguaggi digitali, abitano la Rete e i rischi connessi.
Senza mediazione- La storia di Kerligirl13/Jessi Slaughter è solo il punto di arrivo di un fenomeno che rappresenta una forma latente ma ben presente nelle possibilità di utilizzo della rete da parte di adolescenti che si sovraespongono senza mediazione, eccedendo nei comportamenti online e creando un’escalation emotiva che coincide da una parte con una base di fan costituita dalla nuova generazione di utenti Internet e dall’altra con il numero di persone che si contrappone ad essi in qualità di haters. Si tratta di fenomeni di microcelebrity fondati sulla natura many-to-many del web di cui le camgirl hanno rappresentato l’idealtipo in chiave voyeuristica, ma che oggi accende una miscela esplosiva fatta di intrattenimento adolescenziale e l’utilizzo (in)consapevole di una forma di comunicazione che sovraespone. Se le celebrità, intese tradizionalmente, fondavano la loro natura sulla distanza e sulla separatezza dal proprio pubblico, le micro-celebrità la fondano sulla vicinanza e la responsabilità diretta per i propri comportamenti che trovano un feedback immediato da parte delle loro audience sotto forma di commenti al proprio blog, di contro post, di video di risposta eccetera. Si passa dalla massima di Andy Warhol per cui ognuno di noi avrà i suoi 15 minuti di celebrità a quella per cui nel futuro saremo tutti famosi per 15 persone.
La folla di fronte - È certamente vero che stiamo imparando a vivere di fronte a una folla, ma il livello e la profondità di notorietà, e quindi la nostra sovraesposizione, non è controllabile. Una delle proprietà della connessione di Rete, si sa, è la scalabilità: improvvisamente non abbiamo più a che fare con il nostro gruppo di microfan, conosciuto e inconoscibile allo stesso tempo, ma che percepiamo come concretamente connesso a noi (perché abbiamo imparato a gestire i loro commenti, a riconoscere i toni, gli umori, gli eccessi così come gli entusiasmi). Improvvisamente non si tratta più di una cerchia ristretta, per quanto allargata, ma la nostra notorietà diventa mainstream. Saltano quindi le regole attorno cui abbiamo costruito le nostre forme di comunicazione da adolescenti, quella logica mista tra intrattenimento e passione per il flaming online che poi impareremo a gestire e trattare meglio con la maturità digitale (non vale per tutti, basta farsi un giro nei siti di social network per trovare annidati nei commenti professionisti del trolling). Capita così che, da adolescenti come Jessi, vi facciate prendere la mano e postiate un video per affrontare a muso duro i vostri hater dicendo cose del tipo: «If you can’t stop hating, you know what? I’ll pop a glock in your mouth and make a brain slushy».
Identità svelata - Sarebbe quasi da riderci sopra se Jessi non si trovasse, a causa della sua micro-celebrità e dell’esposizione dei suoi contenuti online, improvvisamente invischiata in un’azione di trolling su 4Chan, uno dei 5 bullettin boards più letti del pianeta Rete, che la inchioda al muro della notorietà mettendo in piazza una sua prima-dichiarata-poi-smentita relazione con il cantante di venticinque anni Dahvie Vanity di una oscura electro-pop MySpace band Blood on the Dance Floor – un resoconto lo trovate sia su Gawker che su Sticky Drama – con messa in pubblico del suo vero nome, luogo di residenza, numero telefonico e link per cercarla sui social network. Il relativo anonimato della micro celebrità celato dietro il nick name di Kerligirl13 viene a crollare e cominciano a svilupparsi una serie di “scherzi” anche pesanti nei suoi confronti – telefonate, minacce via email eccetera: un racconto dettagliato lo trovate su Encyclopedia Dramatica.
Potete guardare il video conclusivo della vicenda in cui una Jessi Slaughter in lacrime dice che la sua vita è rovinata ed il padre compare in video per minacciare i suoi detrattori di azioni legali, difendendo la figlia con un tasso di aggressività che rasenta il ridicolo. Tanto che alcuni commentano: «Seems to me that his instinct to “protect” his daughter, while admirable, is firing off in the wrong direction. Want to protect her? Try not letting her have a computer with webcam in her room». La vuoi proteggere? Metti il computer in salotto.
Tracollo pubblico- La difficoltà di avere un controllo sulla propria esperienza online per un adolescente – ma non solo per lui – porta a sviluppare forme di escalation comunicativa che arrivano, come abbiamo visto, fino al tracollo emotivo. Tracollo che avviene sempre in pubblico. È anche questo un elemento interessante nella storia di Jessi: anche il momento di massima caduta viene trattato nella logica di micro-celebrity ed è capace di generare, basta leggersi i molti commenti in giro, una distinzione netta tra fan e denigratori: «Funny how some are quick to point out their responsibility. What about yours guys?» oppure «Let’s not get all high and mighty here, folks. “Daddy, I did something incredibly stupid because of a lack of parental involvement!” “WHAT?!?! I’ll kill ‘em! It’s not your fault, punkin, those evil internet people are to blame!».
Ah, se mai a qualcuno venisse in mente che si tratti solo di un fenomeno relativo agli adolescenti americani basta che vi guardiate i video della micro-celebrity nostrana Gemma del Sud e cerchiate in rete le reazioni.
La folla di fronte - È certamente vero che stiamo imparando a vivere di fronte a una folla, ma il livello e la profondità di notorietà, e quindi la nostra sovraesposizione, non è controllabile. Una delle proprietà della connessione di Rete, si sa, è la scalabilità: improvvisamente non abbiamo più a che fare con il nostro gruppo di microfan, conosciuto e inconoscibile allo stesso tempo, ma che percepiamo come concretamente connesso a noi (perché abbiamo imparato a gestire i loro commenti, a riconoscere i toni, gli umori, gli eccessi così come gli entusiasmi). Improvvisamente non si tratta più di una cerchia ristretta, per quanto allargata, ma la nostra notorietà diventa mainstream. Saltano quindi le regole attorno cui abbiamo costruito le nostre forme di comunicazione da adolescenti, quella logica mista tra intrattenimento e passione per il flaming online che poi impareremo a gestire e trattare meglio con la maturità digitale (non vale per tutti, basta farsi un giro nei siti di social network per trovare annidati nei commenti professionisti del trolling). Capita così che, da adolescenti come Jessi, vi facciate prendere la mano e postiate un video per affrontare a muso duro i vostri hater dicendo cose del tipo: «If you can’t stop hating, you know what? I’ll pop a glock in your mouth and make a brain slushy».
Identità svelata - Sarebbe quasi da riderci sopra se Jessi non si trovasse, a causa della sua micro-celebrità e dell’esposizione dei suoi contenuti online, improvvisamente invischiata in un’azione di trolling su 4Chan, uno dei 5 bullettin boards più letti del pianeta Rete, che la inchioda al muro della notorietà mettendo in piazza una sua prima-dichiarata-poi-smentita relazione con il cantante di venticinque anni Dahvie Vanity di una oscura electro-pop MySpace band Blood on the Dance Floor – un resoconto lo trovate sia su Gawker che su Sticky Drama – con messa in pubblico del suo vero nome, luogo di residenza, numero telefonico e link per cercarla sui social network. Il relativo anonimato della micro celebrità celato dietro il nick name di Kerligirl13 viene a crollare e cominciano a svilupparsi una serie di “scherzi” anche pesanti nei suoi confronti – telefonate, minacce via email eccetera: un racconto dettagliato lo trovate su Encyclopedia Dramatica.
Potete guardare il video conclusivo della vicenda in cui una Jessi Slaughter in lacrime dice che la sua vita è rovinata ed il padre compare in video per minacciare i suoi detrattori di azioni legali, difendendo la figlia con un tasso di aggressività che rasenta il ridicolo. Tanto che alcuni commentano: «Seems to me that his instinct to “protect” his daughter, while admirable, is firing off in the wrong direction. Want to protect her? Try not letting her have a computer with webcam in her room». La vuoi proteggere? Metti il computer in salotto.
Tracollo pubblico- La difficoltà di avere un controllo sulla propria esperienza online per un adolescente – ma non solo per lui – porta a sviluppare forme di escalation comunicativa che arrivano, come abbiamo visto, fino al tracollo emotivo. Tracollo che avviene sempre in pubblico. È anche questo un elemento interessante nella storia di Jessi: anche il momento di massima caduta viene trattato nella logica di micro-celebrity ed è capace di generare, basta leggersi i molti commenti in giro, una distinzione netta tra fan e denigratori: «Funny how some are quick to point out their responsibility. What about yours guys?» oppure «Let’s not get all high and mighty here, folks. “Daddy, I did something incredibly stupid because of a lack of parental involvement!” “WHAT?!?! I’ll kill ‘em! It’s not your fault, punkin, those evil internet people are to blame!».
Ah, se mai a qualcuno venisse in mente che si tratti solo di un fenomeno relativo agli adolescenti americani basta che vi guardiate i video della micro-celebrity nostrana Gemma del Sud e cerchiate in rete le reazioni.
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