L’ultimo
episodio dell’epopea del wifi pubblico in Italia è ormai noto: la FIPE –
la Federazione dei pubblici esercenti – in un comunicato dei giorni
scorsi ha annunciato di aver ottenuto dal Garante privacy un parere
secondo il quale, mostrando di condividere la propria interpretazione,
il Garante, nel rispondere ad un proprio quesito, avrebbe “confermato
che gli esercenti pubblici possono mettere liberamente a disposizione
degli utenti la connessione wi-fi ed eventualmente Pc e terminali di
qualsiasi tipo”. Apriti cielo!
Quasi si trattasse di benzina lanciata su un cumulo di brace
dormiente, il comunicato della FIPE ha riacceso un dibattito, da tempo,
sopito. Tanti gli indici puntati contro l’Ufficio del Garante, reo di aver
proposto un’interpretazione del quadro normativo sulla condivisione
delle risorse wifi da parte degli esercenti i locali pubblici troppo
“leggero” e superficiale e di aver diffuso il convincimento che, a
seguito dell’abrogazione del famigerato Decreto Pisanu, il gestore di un
bar possa davvero mettere a disposizione dei propri clienti internet
via wifi senza alcun obbligo di identificazione né responsabiltà.
Secondo molti non sarebbe così ed il Garante avrebbe dovuto essere
più cauto e guardare con più attenzione il Codice delle comunicazioni
elettroniche e le disposizioni del famoso Decreto Pisanu sopravvissute
all’abrogazione.
Il gestore di un bar che condivida risorse di connettività in
modalità wifi con la propria clientela andrebbe, infatti, considerato un
fornitore di servizi di comunicazione elettronica e, come tale,
chiamato a rispettare gli obblighi di identificazione che permangono in
capo a chi fornisce professionalmente connettività.
Il dibattito divampa, è una questione che riguarda decine di migliaia
di esercizi commerciali in tutto il Paese e di straordinaria rilevanza
ma sembra trattarsi di una questione tutta tra privati e addetti ai
lavori.
Tace l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni e tace il
Ministero dell’Interno benché le regole da più parti evocate, quelle che
il Garante Privacy avrebbe dovuto – secondo alcuni – approfondire prima
di rispondere alla FIPE sono proprio quelle che tali Istituzioni
dovrebbero conoscere meglio di chiunque altro e, soprattutto, sul cui
rispetto sono chiamati a vigilare.
Niente di niente. Non un comunicato stampa, non una promessa di
approfondimento, non delle linee guida sull’applicazione delle norme
vigenti per fare chiarezza.
Ma il Garante privacy, l’unico ad essersi pronunciato sulla situazione ha sbagliato davvero?
E’ vero che sussistono in capo ai gestori di un bar o di un
ristorante degli obblighi di identificazione sopravvissuti
all’abrogazione delle famigerate disposizioni contenute nel Decreto
Pisanu?
A ben vedere sembra di no.
Non c’è nessuna norma vigente che vieti al gestore di un bar di
condividere le proprie risorse di connettività con la propria clientela
né che gli imponga di identificare i propri utenti né, ancora, sembra
potersi fondatamente sostenere che chi scelga liberamente di condividere
gratuitamente la propria connessione con altri, debba essere
qualificato come fornitore di servizi di comunicazione elettronica.
Anzi, a ben vedere ed a leggere una vecchia delibera dell’Autorità
per le garanzie nelle comunicazioni sembra da escludere che il gestore
di un bar che condivida il proprio wifi con la clientela possa essere
considerato un fornitore di servizi di comunicazione elettronica.
Scriveva, infatti, AGCOM nella propria delibera 102/2003: “Non si
considera fornitore di un servizio pubblico di telecomunicazioni ai
sensi dell’art. 6 del d.P.R. n. 318/97, nelle condizioni esposte nelle
premesse del presente provvedimento, quell’esercente l’attività
commerciale, quale ad esempio gestore di bar, albergo, pizzeria,
tabaccheria, che, non avendo come oggetto sociale principale l’ attività
di telecomunicazioni, mette a disposizione della propria clientela le
apparecchiature terminali di rete.”.
Certo non si parla di condividere risorse di connettività in modalità
wifi ma pc connessi alla Rete perché quest’ultima ipotesi, all’epoca,
era, probabilmente, la più diffusa sul mercato ma sembra difficile
sostenere che possano valere regole diverse per chi mette a disposizione
una postazione connessa a internet e per chi mette a disposizione solo
risorse di connettività.
Ma se il gestore di un bar che condivida internet via wifi non è
assimilabile ad un fornitore di servizi di comunicazione elettronica,
allora, ha davvero ragione il garante quando dice che nessun obbligo di
identificazione dei propri avventori risiede sui gestori dei bar e che
se questi ultimi vogliono saperne di più su cosa i clienti fanno con le
risorse di connettività poste a loro disposizione devono acquisire un
apposito consenso.
E’ una conclusione che fa’ storcere la bocca a tanti. Taluni perché preoccupati che i bar ed i ristoranti che aprono i loro
wifi senza identificazione possano trasformarsi in ricettacolo di
pericolosi cybercriminali con “licenza di delinquere” in Rete in
assoluto anonimato e tali altri perché, naturalmente, la diffusione
dell’internet gratuito “pubblico” o, meglio, “per il pubblico” potrebbe
comprimere il mercato dell’internet mobile.
Francamente, però, né la prima, né la seconda di queste comprensibili
preoccupazioni appare sufficiente a giustificare una rinuncia allo
straordinario beneficio che Internet libero, gratis e aperto, nelle
nostre strade, nei nostri ristoranti e nei nostri bar potrebbe produrre
per il sistema Paese.
Mi perdonino gli amici nelle forze dell’ordine ma, nel 2013, non solo
è difficile immaginarsi un criminale che abbia bisogno di un bar con il
wifi aperto per perpetrare le sue malefatte online ma è quasi
impossibile, persino, immaginarsi un adolescente che non sappia
realizzare le sue “marachelle telematiche” – piccole o grandi che siano –
in forma anonima senza bisogno neppure di spendere i soldi per un
caffè.
E’ ovvio, peraltro, che – proprio come ai tempi del famigerato
Decreto Pisanu – quella che abbiamo davanti è una tipica scelta
politica: si può frenare la diffusione del wifi per tutti inseguendo un
illusorio rafforzamento della cybersicurezza o, al contrario lasciare
che il wifi si diffonda il più possibile, producendo decine di benefici
per la collettività e, forse, in qualche caso isolato rendendo più
facile la vita a qualche criminale. Ciascuno ha le proprie idee al riguardo senza – credo – che ve ne sia una giusta ed una sbagliata.
L’attuale situazione di confusione normativa è, però, inaccettabile e
rappresenta un errore gravissimo da parte delle Istituzioni. Ma a sbagliare, questa volta, non è stato il Garante privacy – che in
modo condivisibile o meno [n.d.r. a mio avviso corretto] – ha detto la
sua ma le altre Istituzioni che sono rimaste in silenzio mentre, dinanzi
ad una questione di così grande rilevanza economica e sociale avrebbero
dovuto chiarire il quadro normativo esistente e dare a cittadini,
imprenditori e forze dell’ordine indicazioni chiare ed univoche.
Non serve evocare nuove leggi né pronunce della Corte costituzionale,
serve solo che chi ha la responsabilità di vigilare sull’utilizzo delle
risorse di connettività lo faccia non in chiave repressiva – come prima
o poi rischia di accadere a caccia del caso esemplare – ma in chiave
propositiva ed interpretativa.
E’ questa la parte più difficile da accettare di questa incredibile
epopea italiana: il tema dell’accesso a internet nelle nostre strade
viene affrontato con più superficialità ed indifferenza di quella che si
riserva a scegliere se i pali dei semafori devono essere dipinti di
giallo o di verde.
Riflessione:
Da anni ormai si parla di rendere meno farraginoso l'utilizzo delle wi-fi pubbliche in Italia. Se da un lato il decreto Pisanu "soffocava" la possibilità di un utilizzo positivo delle reti wireless dall'altro consentiva nel caso di verificare l'utilizzo di questa tipologia di reti. Fondamentale fare norme aggiornate con i tempi e con le tecnologie attuali e in questo ahimé siamo indietro. In assenza di normative chiare al riguardo, oggi, il consiglio che darei ai locali pubblici che mettono a disposizione reti wifi aperte è quella di regolamentarne l'accesso sicurizzato quantomeno chiedendone l'iscrizione gratuita mediante attivazione previo ricezione del codice di attivazione mediante un sms sul cellulare del richiedente come già avviene nelle Stazioni ferroviarie, in molti alberghi o nelle reti wifi dei Comuni che le mettono comunque a disposizione gratuitamente.
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