Google offre lezioni per colmare il divario digitale: le scuole italiane sono le più indietro in Europa
Dati scoraggianti emersi nel giorno degli Stati Generali 2011 della Società Italiana di Pediatria .
Fornire a genitori e insegnanti strumenti e consigli per aiutarli a
scegliere i contenuti che i loro bambini possono visualizzare online.
Nel giorno degli Stati generali indetti dalla Società italiana di Pediatria (Sip), il Centro sicurezza online per la famiglia di Google,
il motore di ricerca su Internet più utilizzato al mondo, che proprio
sul tema della protezione dei minori sul web, mette l’accento
sull’importanza di «guidare i bambini all’utilizzo del web, esattamente
come si insegna loro a camminare, a scrivere, parlare», dice Simona Panseri, direttore della Comunicazione e responsabile dei progetti Child Protection di Google Italy.
«Il centro - spiega - è attivo da quasi un anno e mette a disposizione
delle famiglie una serie di strumenti utili per accompagnare gli ’adulti
di domanì a un utilizzo corretto e non rischioso di internet». Compito
non facile, dato che spesso «i ragazzi sono molto più bravi e smaliziati
dei genitori. Ma è possibile far comprendere loro che, come nella vita,
esistono delle regole anche nella Rete». Un esempio su tutti, il filtro SafeSearch sulle
ricerche che consente di alzare il livello di protezione, che
normalmente è medio, a quello massimo. E se il bambino tenta di
manomettere le impostazioni inserite dai genitori «avrà la percezione di
averlo fatto, mentre invece è solo chi possiede la password a poter
modificare il filtro». Stesso discorso anche su YouTube, «che è adatto all’uso
dai 13 anni in sù: i minori di questa età non possono aprire account nè
postare video. Si possono mostrare i filmati ai piccoli, ma in presenza
di un adulto». YouTube organizza anche incontri nelle scuole in
collaborazione con la polizia postale, per insegnare agli alunni
«l’importanza delle impostazioni sulla privacy, di non pubblicare dati personali su Internet e le regole di sicurezza su come e quali video o immagini è meglio postare o meno».
Dopo il successo dello scorso anno, che ha visto l’adesione di più di 180.000 studenti,
YouTube e la polizia delle comunicazioni hanno rinnovato l’appuntamento
formativo anche per l’anno scolastico 2010-2011, allargando l’invito
anche ai genitori. Tutto questo in un panorama scoraggiante: la
popolazione italiana è ancora indietro sull’uso di Internet, che spesso è
però consultato dai bambini in assoluta solitudine, senza controlli. I
bambini e gli adolescenti italiani infatti sono agli ultimi posti in Europa per alfabetizzazione digitale, le scuole nostrane sono quelle con il minor accesso a Internet nella Ue (49% contro una media del 62%), e gli insegnanti italiani sono all’ultimo posto per l’utilizzo di internet a scuola (65% contro il 73%). Sono alcuni dei dati di un’indagine europea condotta in 25 paesi su 25
mila bambini tra i 9 e 16 anni, presentata a Milano agli stati generali
della pediatria. I minori iniziano dunque a usare il web sempre prima: a
7 anni in Svezia e Danimarca, 8 negli altri paesi nordici, 10 in Grecia, Italia e Portogallo. Il 93% del campione ha detto di navigare in
rete almeno una volta a settimana, il 60% una volta al giorno per 90
minuti, spesso senza la supervisione di un adulto.
L’Italia registra un primato poco invidiabile su questo fronte, visto
che ha il dato più alto (62% contro il 49%) di accessi a internet dalla
propria camera senza la supervisione di un genitore. Anche se web viene usato per attività positive, come
ricerche scolastiche (85%) e giochi (83%), sono sempre più numerosi i
piccoli presenti sui social network. Il 57% in Italia ha un suo profilo
su Facebook e simili, anche se vietati ai minori di 13 anni. Il 26% ha
9-10 anni, il 49% ha 11-12 anni, il 73% ha 13-14 anni e l’82% ha 15-16
anni. Le insidie non mancano: il 41% dei ragazzi si è imbattuto infatti in
contenuti pericolosi, e il 12% ne è rimasto turbato. Tra questi c’è la
pornografia (vista dal 7% dei ragazzi tra i 9 e 16 anni in Italia),
bullismo (2%), sexting, cioè messaggi a sfondo sessuale (15% in Ue, 4%
in Italia), incontri offline con persone conosciute in rete (4%), o
visto video generati dagli utenti che inneggiano all’odio (12%), anoressia (12%) e autolesionismo
(7%). Ma i genitori, soprattutto italiani, sono spesso inconsapevoli di
tutto ciò. Solo il 28% usa filtri Internet, il 73% ritiene che non vi
siano pericoli di incontri in rete che possano turbare e l’81% ignora
che i propri figli abbiano ricevuto online messaggi offensivi.
Fonte: La Stampa
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