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venerdì 1 aprile 2011

Immagine e reputazione digitale al tempo dei social


Luoghi e strumenti che ormai sono parte della nostra vita: Andrea Fiore ci porta a 360 gradi dentro il mondo delle nuove tecnologie informative. Perchè oggi chiunque ne deve fare parte Se vi state chiedendo perché un ingegnere informatico tenga una rubrica tra blog di giuristi e operatori del settore legale non siete soli. Quando mi è stato chiesto da uno degli ispiratori di questa avventura di farne parte anche io ho avuto un momento di incertezza. Ma poi ho pensato che la mia passione per la tecnologia potesse sfociare in un’utile rubrica per tutti coloro che guardano alla tecnologia e al digitale con circospezione o diffidenza che con curiosità e diletto. Il filo conduttore di questa rubrica sarà la scoperta – e riscoperta – dei luoghi digitali, degli strumenti informatici e tecnologici che sempre più fanno parte della vita quotidiana. Non voglio far proseliti, né creare dei tecno-entusiasti – quale io sono; bensì guardare agli strumenti e ai siti più comuni con un occhio nuovo: per sfruttare le peculiarità di ciascuno strumento, per rendere più semplice il proprio lavoro, per trovare e farsi trovare. L’idea insomma è quella discutere di tecnologia digitale, di comprenderla per non subirla. Parleremo di Facebook (FB) e di come non sia solo un passatempo per giovani e perditempo, bensì una piazza virtuale comodamente raggiungibile dal divano di casa in cui interagiscono, socializzano, giocano, condividono e discutono persone di tutte le età tra cui clienti e potenziali clienti. Dodici anni fa si parlava, ancora al futuro, di Studio Legale Online e ancora oggi si discute di regolamentare l’utilizzo di Internet nelle professioni, ma 25 milioni di italiani navigano ogni giorno, in molti comprano biglietti e vacanze sul web, tutte le mattine controllano la posta elettronica non solo per lavoro, ma per accaparrarsi il ‘deal’ del giorno che poi condividono orgogliosi sulle proprie bacheche. Si è sviluppata una vera e propria economia digitale, dove aziende e utenti comunicano tramite la propria immagine. Il passaparola diventa digitale: altri utenti giudicano on line noi, il nostro lavoro e le nostre aziende. Ed ecco allora che si aggiornano i propri profili su Linkedin, BranchOut e Xing, si crea l‘m-site (la versione mobile del sito web), ci si rivolge agli sviluppatori di ‘App’ per poter raggiungere con i propri servizi gli smartuser di ‘smartphone’. Ma non solo, le nostre firme si arricchiscono di ‘address’ e ‘nickname’; di follow me on twitter e di like su FB; facciamo il check-in per l’aereo con il cellulare e il check-out su Foursquare; cinguettiamo, (in)seguiamo e siamo (in)seguiti su Twitter. Se è vero che come dice Wired (ed in America è già così) the Web is Dead, non significa che l’on line sia morto ma che si sta evolvendo in social, mobile, app, video, connected tv e social tv. Quello che prima ero uno strumento tra adepti universitari, è poi diventato lo strumento primo della consultazione e dell’informazione a portata di mouse, dell’anti-censura e di comunicazione, di socializzazione e intrattenimento. E succede così che il fine diventa più importante del mezzo e si abbandonano i vecchi strumenti per dei nuovi i pc per i notebook, i notebook per i netbook, i netbook per i tablet, i cellulari per gli smartphone, la tv per le connected tv, apple tv e google tv di turno. E, quindi, i siti per le app che consentono una consultazione più agevole e integrata, con avvisi e notifiche di quale amico si è taggato e dove si trova. In tutto questo i nostri browser si riempiono di ‘cookie’; i sistemi di analytics ci ‘clusterizzano’ e trasformano le nostre attività in ‘revenue’. E i famosi dati sensibili? La privacy, l’integrità del dato? La portata di tale economia, sia essa legata ad e-commerce, advertising, e-goverment, o entertainment, il fatto che questo scambio, processamento e conservazione di dati avvenga oggi tramite le tecnologie informatiche, che sorgano sempre nuove questioni giuridiche legate all’informatizzazione impone la massima attenzione dal parte del giurista. Ma ciò non deve spaventare. Chiunque può (e deve) imparare ad utilizzare internet per svago e per lavoro, per essere e far parte di questo immenso mondo digitale sempre più reale.

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