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sabato 12 marzo 2011

Dalle reti sociali alla partecipazione offline, l'impegno delle nuove generazioni inizia da Facebook


Uno studio americano evidenzia l'importanza delle reti sociali per favorire la partecipazione dei giovani alla crescita della comunità
Le rivolte in Nord Africa di quella che è stata soprannominata la “generazione Facebook” hanno dimostrato, se ce ne fosse stato bisogno, l’importanza delle reti sociali nel coinvolgimento politico delle nuove generazioni. E, come sembra suggerire una ricerca su 2.500 studenti di vari distretti scolastici californiani (400 dei quali sono stati monitorati per più di tre anni), l’analisi non vale solo per il Maghreb. Lo studio, intitolato “Digital Literacy Media Education and Online Civic and Political Participation”, è stato ultimato a novembre 2010, e le sue conclusioni sono state rese disponibili online in questi giorni, sotto forma di una prima bozza di lavoro. L’indagine, promossa dalla fondazione Mac Arthur e dal Centro per l’informazione e l’apprendimento dell’Educazione civica, ha esaminato tre tipi di fattori: l’esposizione a diversi punti di vista online, la partecipazione a sfondo politico, e quella motivata da interessi personali. In contrasto con un’opinione abbastanza diffusa, che reputa il coinvolgimento nelle reti sociali una causa di isolamento e definisce l’attivismo digitale sprezzantemente come “slacktivism”, (il comportamento di chi vorrebbe fare la rivoluzione restando stravaccato sul divano di casa), dalla ricerca, che analizzato email, post nei blog e nei social media e azioni concrete di supporto alle Ong da parte degli studenti, emerge che a un maggiore coinvolgimento in Rete, e in particolare nei social network, fa seguito anche un maggiore impegno nella vita reale. “Internet – riassume il professor Joseph Kahne, a capo del team di ricerca - può fungere da via di accesso per l’impegno civico e politico on e off line, dal volontariato, al coinvolgimento nel risolvere i problemi della comunità, alle manifestazioni di protesta". Si tratta di una constatazione importante, visto anche lo scarso coinvolgimento dei giovani americani negli strumenti di impegno civile tradizionali. La tendenza al riflusso nel privato è particolarmente evidente in politica: dopo un impennata in positivo per le elezioni presidenziali del 2008, in cui aveva votato il 51 % dei giovani fra 18 e 29 anni, nel voto di mid-term del 2010 tale percentuale è scesa al 23 %. Attraverso forme di interazione studiate ad hoc per sfruttare le peculiarità dei nuovi media, si potrebbe cercare di invertire tale china. Uno dei risultati più interessanti dello studio è la constatazione che i giovani esaminati non si limitano a intrattenere conversazioni con persone con idee affini alle loro; queste è stato riscontrato soltanto nel 5 % dei casi. Il 57 % dei giovani interpellati hanno riferito invece di essere entrati in contatto con opinioni e prospettive differenti. Anche se una quota piuttosto consistente del campione analizzato - il 34 per cento - afferma di non essersi imbattuto online in alcuna prospettiva od opinione politica, Internet sembra dunque rappresentare uno spazio dove è possibile crescere e confrontarsi, per poi impegnarsi per la comunità in maniera più consapevole. Lo studio guidato da Kahne rappresenta soltanto il primo di un più ampio programma di analisi e monitoraggio condotto dal team dello Youth and Participatory Politics, un nuovo network di ricerca, promosso sempre dalla fondazione MacArthur, che intende coinvolgere studiosi di varie discipline per analizzare ancor più in profondità la relazione fra il coinvolgimento socio-politico delle nuove generazioni e il loro uso dei social media.

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