Pagine

Visualizzazioni totali

Google Scholar

venerdì 25 febbraio 2011

Se un Tweet scatena la falsa notizia


Attorno alle 17 del 21 Febbraio, Al Jazeera International ha detto che forze italiane si avvicinavano alla Libia. Non riporto tra virgolette perché non ho la registrazione e sul momento non ho prestato molta fede a una cosa detta “en passant” da una conduttrice (gli scoop di solito hanno un rilievo maggiore, e questo lo sarebbe stato, no?). Tanto è bastato perché via twitter fosse rilanciata la notizia che le forze armate italiane stavano per andare in Libia “per partecipare alla repressione”. E c’è stato qualche sito minore e qualche blog che lo ha scritto, che i nostri aerei stavano uccidendo i dimostranti e che nei porti libici c’erano le nostre navi. Ora, benché con i chiari di luna che corrono niente possa essere mai escluso, era del tutto evidente che ad Al Jazeera avevano in parte frainteso il comunicato del nostro ministero della difesa che parlava di “allerta” della marina e nelle basi dell’aviazione di Trapani e Gioia del Colle. Il resto è avvenuto nei passaggi da una voce all’altra. Siamo arrivati al punto che persone molto serie si chiedevano se non stesse avvenendo davvero. Peraltro i servizi sull’allerta italiana nei vari telegiornali non erano chiarissimi. Su SkyTg24 si sono sentiti giri di parole che facevano pensare che qualche cosa da chiarire ci fosse. Ora lasciamo il piano fattuale e facciamoci una domanda da “cittadini digitali” responsabili. Gli studi sulla deformazione del messaggio che tipicamente avviene nel passaparola risalgono agli anni ‘50 e sono stati condotti dalla migliore psicologia sociale. Ma qui c’è un punto da chiarire e da far diventare consapevolezza complessiva di tutta la comunità digitale: che non è sempre vero ciò che un tweet ci ritrasmette, nemmeno se la fonte citata è un’emittente televisiva seria, quella che, peraltro, sta facendo un lavoro ineguagliato sulle rivoluzioni nel nord Africa e nel mondo arabo. Per carità, il “fuorigioco” informativo è un errore che viene commesso anche dai giornalisti di professione. Ma “noi” (si può?) “digital citizen” dobbiamo starci attenti: sono tutti lì appollaiati su un filo elettrico, i gufi anti rete. Aspettano solo l’occasione di accusare i social network di essere la macchina del bullshit. Evitiamo.

Fonte: Repubblica - Autore: Vittorio Zambardino

Nessun commento:

Posta un commento