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lunedì 10 gennaio 2011

Giustizia paralizzata, mancano i fondi per aggiornare le banche dati


Ridotti del 50 per cento i fondi all'informatica nei tribunali
Da oggi, a causa del taglio di 30 milioni di euro (pari a circa il 50% dei fondi necessari), gli uffici giudiziari italiani rischiano la paralisi dei sistemi informatici. "Non è un'esagerazione, sono molto preoccupato" ci conferma il magistrato Giuseppe Corasaniti, che lancia l'allarme. "Quello che qualche agenzia stampa aveva preannunciato settimana scorsa è purtroppo vero". Con il nuovo anno, a quanto pare, il ministero della Giustizia ha interrotto il servizio di assistenza garantito da ditte esterne per il funzionamento dei software su cui viaggiano dati fondamentali come, per esempio, il registro penale (Re.Ge), le comunicazioni tra polizia giudiziaria e pm, oppure migliaia di atti che ogni giorno vengono consultati per via telematica da 23 mila avvocati. La comunicazione ufficiale è stata data da una circolare inviata il 29 dicembre da Stefano Aprile, direttore generale per i sistemi informativi automatizzati del dicastero di Via Arenula, accompagnata da una direttiva in cui si sollecitano i circa 400 tecnici dipendenti del ministero rimasti a impegnarsi quanto più possibile per garantire l’assistenza. Ma dal 2011 gli uffici giudiziari devono rinunciare agli altri 800-900 esperti di ditte esterne che, in call center o in sale server sparse in tutta Italia, sono sino ad oggi intervenuti prontamente per riparare ad esempio i guasti di software in cancelleria o in altri uffici alacremente al lavoro per abbandonare carta e fotocopiatrici. I capi dei principali uffici giudiziari hanno cominciato a protestare, come riportato già il 30 dicembre da La Repubblica. Ma al ministero della Giustizia hanno allargato le braccia sconsolati, sperando in risorse aggiuntive da trovare ’in extremis’ in sede di conversione al milleproroghe. Al sistema informatico l’ultima Finanziaria ha assegnato 27,9milioni di euro per il 2011, pari al 50% in meno delle risorse necessarie. Fino all’anno scorso il settore informatico poteva contare su circa 80 milioni di euro l’anno ma - fanno notare al dicastero di Via Arenula - con l’avvio del processo telematico è stato possibile ridurre i costi facendoli scendere a 60 milioni. Il Guardasigilli Angelino Alfano e il ministro dell’Innovazione Renato Brunetta avrebbero insistito, e molto, col dicastero dell’Economia per reperire i 30 milioni di euro mancanti, ma senza alcun esito. Quindi la "rivoluzione digitale" annunciata a più riprese dai due ministri in numerose conferenze stampa congiunte rischia di arenarsi per mancanza di fondi. «Tutto si ferma proprio quando stavamo raccogliendo importanti risultati», commentano amaramente al ministero della Giustizia. Tra notifiche telematiche e fascicoli digitali, tante le novità di questi ultimi due anni. Su un totale di 165 Tribunali italiani, lo strumento telematico per le esecuzioni forzate e nei processi esecutivi è ormai una realtà ovunque, mentre riguarda 119 tribunali sul fronte del contenzioso civile, 149 per la consultazione degli atti da parte degli avvocati per il processo telematico, 89 tribunali per il fascicolo digitale, 25 per i decreti ingiuntivi.E ancora: le notifiche telematiche sono oramai operative a Milano, Modena, Monza, Bologna, Rimini, Brescia e lo saranno presto, oltre che a Venezia, anche in tutto il Veneto. Sempre che i computer degli uffici giudiziari non incorrano in un guasto. Da questo mese magistrati o cancellieri alle prese con software bloccati rischiano infatti di attendere mesi prima di ottenere assistenza. E dunque saranno obbligati a riprendere in mano i vecchi fascicoli cartacei. Al dicastero di via Arenula calcolano che i 120 milioni di euro l’anno di spese informatiche (tra investimenti e costi di gestione) sono funzionali a 100 mila persone, tra dipendenti del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, personale amministrativo del ministero della Giustizia e magistrati. La stessa cifra, invece, serve a far funzionare soltanto un dipartimento del dicastero di Via XX Settembre, quello del Tesoro, con 15 mila dipendenti. Commenta Corasaniti: "La crisi dell’informatica giudiziaria non è solo di finanziamenti ma di iniziative e di idee davvero innovative, per anni abbiamo assistito solo a sperimentazioni e ad annunci ad effetto mentre il segreto sta solo nell’ascoltare metodicamente gli utenti e cioè magistrati, avvocati e funzionari, nel lavoro di gruppo, e nel sapere avviare, ed in qualche caso magari imporre, scelte di digitalizzazione ed automazione omogenee, efficaci e compatibili con i più comuni standards tecnologici. L’Italia fino agli anni Ottanta era il primo Paese al mondo per le banche dati giuridiche e per le applicazioni giudiziarie ,ora non più. Occorre allora un impegno di tutti nella giusta direzione nell’unico segno delle professionalità tecnologiche che ci sono, e che possono esprimersi in un cambiamento davvero innovativo e radicale che tutti gli utenti della giustizia esigono. E’ inoltre indispensabile il coinvolgimento delle Università e dell’avvocatura anche nella elaborazione di progetti di innovazione condivisi”.
Fonte: La Stampa - Autore: Anna Masera

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