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martedì 12 maggio 2009

Feisbum, quando il cinema non capisce la Rete

È sempre fastidioso quando il cinema o qualsiasi altra forma di produzione culturale non rende giustizia alla tecnologia e alla modernità in genere mostrando di rifugiarsi nel passatismo. Ancora di più lo è quando tale passatismo è indietro anche rispetto all'atteggiamento del proprio stesso pubblico, ovvero chi fruirà del contenuto e lo rapporterà alle proprie conoscenze ed esperienze dirette. È il caso di Feisbum, il film italiano nelle sale da venerdì scorso, che scherza e ironizza sulla "mania del momento": Facebook (rinominato alla maccheronica per motivi di copyright). L'idea sarebbe anche interessante, in fondo prendere in giro qualcosa che è entrato nella vita comune è un modo per accettarla, se non fosse che la presa in giro stessa, per come è stata fatta, diventa sinonimo di arretratezza culturale. Degli 8 episodi di cui è composto il film infatti soltanto un paio si dimostrano acuti e bersagliano il social network su alcune sue caratteristiche effettivamente riscontrabili (la socialità allargata per la quale si finisce a mostrare le foto in cui si è taggati anche a persone con cui non si ha un rapporto molto intimo, nonché il ritorno delle amicizie dal passato). Per il resto invece il cinema si dimostra incapace di cogliere gli elementi di ridicolo o di crisi della modernità mostrando ancora le dicerie su internet dei primi anni '90. Feisbum propone per lo più una visione di internet come luogo di chat erotiche e sesso virtuale (parole progressivamente svuotatesi di significato), dove la gente finge di essere ciò che non è, rifugio di nerd e disadattati. Eppure proprio Facebook ha portato (tra le altre cose) ad una "personalizzazione" maggiore degli utenti, abolendo ad esempio il nick per sostituirlo con l'identità vera o almeno incentrata sulla nomenclatura reale. Chi andrà a vedere il film probabilmente conoscerà il social network, e saprà dunque bene come quello che si vede sullo schermo sia molto lontano dalla realtà accorgendosi quindi di come, ancora una volta, il cinema non colga l'essenza della tecnologia e la consideri qualcosa di non valido per un approfondimento serio.

Fonte: Webnews.it - Autore: Gabriele Niola

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